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Il poetry slam e la poesia sarda: bilanci e prospettive

Mauro Piredda_SlamContemPoetry

Gara poetica tra D. Porcu e B. Agus accompagnati dal Tenore di Silanus (Time in Jazz 2017 di Berchidda – foto di M. Piredda)

L’articolo di Mauro Piredda, in esclusiva per SlamContemPoetry, risponde ad alcune domande che hanno lo scopo di mettere in relazione la secolare tradizione della poesia orale sarda con le nuove forme “vocali” poetiche italiane. A ragione, mai come oggi, lo studio che propongo rappresenta un passato passante candidato a diventare un solido futuro contemporaneo (D.R.)

Qual è la storia della poesia orale in Sardegna? Chi sono i cantadores? Qual è il rapporto tra l’improvvisazione e l’ oralità? Qual è il retaggio della poesia orale oggi in Sardegna? Come si può comparare la tradizione storica con le nuove manifestazioni “orali” (Slam, rap, spoken word, spokn music etc.)? 

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La diffusione delle gare Slam in Sardegna impone un confronto di questa realtà con la tradizione poetica locale1. Una tradizione che è essenzialmente orale e che, sul finire del diciannovesimo secolo, si nch’est artziada a palcu2 assumendo i caratteri di una competizione serrata tra improvvisatori di fronte a un pubblico competente dedito al solo ascolto.

Breve storia della gara poetica a otadas

Prima del 1896, anno della initziativa rara3 di tziu Antoni Cubeddu, capitava infatti che le sfide coinvolgevano diversi attori presenti in un dato posto (una campagna, una cantina etc.): chi pareva limitarsi ad ascoltare poteva entrare nella disputa in un qualsiasi momento. L’improvvisazione poetica, ossia l’arte di creare dal nulla una struttura di versi dotata di senso compiuto, rimata e metricata ma in modo del tutto estemporaneo, era del resto legata ai fenomeni di trasmissione orale delle conoscenze. Diverse erano le forme di espressione, si pensi ai mutos, componimenti con una istèrrida (apertura) e una torrada (risposta) con lo stesso numero di versi in ciascuna parte. Inoltre è opportuno citare gli scritti di Matteo Madau (“Le armonie dei sardi”, 1787), Vittorio Angius (un articolo del 1839 per “La Biblioteca sarda”) e Giovanni Spano (“Ortografia sarda nazionale”, 1840). In tutti e tre è possibile leggere informazioni circa il radicamento di tale arte nel popolo sardo.

Ma è solo dal 1896, con il palco che sancisce la svolta, formale e sostanziale, che i poeti si relazionano come tali di fronte a una giuria e a un pubblico. Una giuria, sì, perché prima della remunerazione fissa per ciascun poeta in gara, un gruppo di tecnici esperti (non mancavano avvocati e personalità di spicco) consegnava il premio, su pannu, all’esecutore della miglior performance.

Furono diversi fattori a contribuire all’introduzione di quello che oggi definiremmo cachet: celebri i versi del lamento endecasillabico di tziu Gavinu Còntene (morto nel 1915) rivolto al pubblico di Bosa: «…si cantera che a Tasso e che a Dante / so seguru chi premiu non leo / ca nch’at beniaminos apogiados / chi fint prima ‘e nch’enner premiados4». Senza dubbio, la remunerazione, introdotta subito dopo, favorì la professionalizzazione dell’esercito di poeti che, ancora oggi, tiene vivo il fenomeno.

Da quando si è fatto a meno de su pannu, sebbene sia permaso il termine “gara”, nessuno (salvo in qualche rara occasione) ha più emanato un verdetto con vincitori e sconfitti. Le valutazioni sono rimaste ad appannaggio del pubblico che però si limita ad apprezzare o meno le diverse dinamiche della performance: la muta mala o bona5 dei poeti; la profondità delle argomentazioni in versi; l’originalità delle composizioni; la scelta dei temi da parte del comitato. Ma anche altri elementi quali l’amplificazione; la disposizione delle luci sul palco etc.

Struttura della gara

La gara a otadas6, che nel tempo ha subito qualche variazione strutturale, oggi si presenta così ripartita: un prologo (s’esòrdiu) svincolato da qualsiasi tematica; due sessioni (primu e segundu tema) con argomenti antitetici e imposti dal comitato promotore della gara (che, ribadiamolo, non funge da giuria ma coincide, sovente, con lo staff di obrieri/priori che organizza la festa in onore di un santo, patrono o meno); una serie di distici (sas duinas); le quartine (sas batorinas); il sonetto finale che da qualche decennio ha sostituito sa moda, componimento particolarmente intricato e certamente non improvvisato. Sul palco, generalmente, sono presenti due o tre performer accompagnati dalle esecuzioni di bassu, contra e mesu boghe (tre parti del canto a tenore a quattro voci; sa boghe è quella dei poeti).

Gli improvvisatori

I poetes7, da non confondere con i cantadores8, possono essere classificati seguendo un criterio cronologico. Oltre ai già menzionati Antoni Cubeddu (di Ozieri) e Gavinu Còntene (di Siligo), possiamo indicare tra quelli della prima ondata anche Barore Testone (Bonorva), Zosepe Pirastru (Ozieri), Antonandria Cucca (Ossi), Antoni Farina (Osilo), Pitanu Morete (Tresnuraghes)9. Successivamente hanno calcato i palchi (anche insieme ai mannos10 già citati) Barore Tucone (Buddusò), Remundu Piras (Villanova Monteleone), Barore Sassu (Banari), Pepe Sozu (Bonorva) e altri.

Il monopolio logudorese11, se si tiene conto della provenienza dei poeti, è scomparso da tempo. Basti pensare all’origine dei principali esecutori che animano le competizioni estemporanee odierne: Zosepe Porcu (Irgoli) e Bernardu Zizi (Onifai) provengono dalla bassa Baronia; Dionisi Bitti da Oliena; Barore Ladu (Sarule) e Nigola Farina (Orgosolo) dalla Barbagia; Tzelestinu Mureddu (Aidomaggiore) e Diegu Porcu (Santu Lussurgiu) dalla provincia di Oristano; Brunu Agus dall’Ogliastra (Gairo).

Ciononostante, la gara continua a presentare – in tutta la Sardegna, nord e sud – un codice linguistico letterario orale comune, il cosiddetto sardo illustre12, seppur non definito nei minimi dettagli. Si tratta pur sempre di un codice orale che si deve prestare alle esigenze lessicali e metriche. L’unica cosa che può cambiare da un poeta all’altro è lo stile individuale, su tràgiu. Un fenomeno simile lo si ha con sa moda del canto a tenore: stessa lingua ma stili diversi, seppur comunitari e non individuali: a sa mamujadina13, a s’orunesa etc.

Il problema della trasmissione

Nel passato abbiamo avuto a che fare con la diffusione dei libretti contenenti le gare trascritte (celebri quelli prodotti e diffusi da tziu Antoni Cuccu e ora venduti nelle bancarelle delle feste dal suo erede Check Tidiane Djagne, senegalese). Inoltre sono state tramandate intere parti di gare grazie ai canti a tenore. Su questo punto va fatta una riflessione in merito a una tesi piuttosto schematica che, di tanto in tanto, emerge anche tra gli appassionati dell’arte orale: quella secondo la quale soltanto le gare di qualità sono state riprodotte dai complessi canori a quattro voci. Una considerazione finalizzata a non considerare di livello elevato le esecuzioni attuali rispetto a quelle delle scorse generazioni (si pensi a Remundu Piras attivo dagli anni ‘20 fino ai ‘70, eccezion fatta per gli anni della censura fascista). In realtà quei frammenti improvvisati del passato sono stati cantati a tenore proprio perché non c’erano altri sistemi di trasmissione orale. Il registratore a nastri ha fatto il resto, provocando una rivoluzione tra i fruitori delle sfide poetiche, ma è venuto dopo.

La necessità della scrittura – unita a quella dello standard – è legata all’utilizzo del sardo nella documentazione ufficiale, nell’editoria, nella letteratura e nei libri di testo. Essa parrebbe non servire a trasmettere le doti necessarie alla riproposizione nel tempo di questa forma di arte e comunicazione che, sebbene ancora attiva, mostra evidenti problematicità in chiave prospettica. Un aspirante poeta, o un verseggiatore che volesse passare dall’esecuzione scritta a quella orale improvvisata, può esercitarsi a tavolino e, perché no, anche costruirsi un ricco rimario su carta. Ma altre sono le variabili che a noi interessano.

Sono essenzialmente tre, almeno a parere di chi scrive, le direttrici sulle quali investire per contribuire ad aumentare il parco voci. Iniziando dalla padronanza lessicale, va subito detto che nel contesto contemporaneo non sono tollerate scorciatoie linguistiche legate all’utilizzo di italianismi. Un tempo ciò poteva andare bene. Anzi, i poeti che ricorrevano a tali espedienti nutrivano una grande considerazione da parte del pubblico. Pensiamo al Gavinu Còntene del «Testone ses testardu ses testuggine14». Era inoltre usanza dei poeti quella di scriversi le lettere in italiano. Ora le mail e i messaggi/post/commenti sui social network sono rigorosamente in sardo.

Inoltre è necessario un allenamento, unu annestru, finalizzato alla costruzione del verso endecasillabico attraverso la melodia. Per cantare un verso non è necessario tenere il conto delle sillabe. È sufficiente interiorizzare la melodia pro chi su versu torret15.

Fondamentale è, infine, la conoscenza della storia e dell’attualità. Da tempo non si cantano più temi classici quali Sparta/Atene, ma le nozioni storiche sono imprescindibili nell’articolazione delle argomentazioni durante l’improvvisazione. E il ricorso a queste conoscenze può essere necessario tanto nei temas quanto nell’esordio. Per non parlare del sonetto finale dedicato al santo (qualora la gara faccia parte dei festeggiamenti religiosi).

In riferimento all’attualità, i riferimenti a quanto accade nel mondo (le nuove scoperte scientifiche, i contesti bellici, le crisi diplomatiche, le nuove conquiste nel campo dei diritti sociali e civili etc.) possono senz’altro arricchire la dialettica e trovare il favore di un pubblico che si mostra sempre esigente. Il pericolo di affrontare temi ripetuti in diverse gare è dietro l’angolo, sopratutto se il comitato organizzatore non è composto da persone che seguono le diverse competizioni e ne conoscono le dinamiche.

Alcuni poeti, si pensi a Agus, Porcu e Bitti, lavorano affinché durante l’anno scolastico si introduca la gara poetica negli istituti di istruzione, anche con la presenza di un relatore. In tali sedi si propone una gara ridotta con l’esordio, un solo tema (scelto dai ragazzi), duinas, batorinas e sonetu. La proposizione intera della competizione a bolu non aiuterebbe i ragazzi poco abituati a quelle durate. Di conseguenza, i giovani possono essere stimolati all’improvvisazione attraverso la creazione – almeno all’inizio – delle strutture più semplici della gara: i distici e le quartine.

Lo slam e la poesia sarda a taulinu

Il mondo della gara poetica improvvisata non va confuso con quello della poesia scritta individuale e dei premi letterari diffusi in tutta l’isola. Ma, data la presenza di una giuria e di un testo redatto su carta, è con questo mondo che l’oralità dello slam deve interfacciarsi. Già da due anni il Premio Ozieri – la principale competizione a taulinu in lingua sarda – inserisce tra i premiati alcuni poeti performativi lanciando un chiaro messaggio di reciproco interesse. Quel che qui si vuole asserire è però un’altra questione.

Il premio letterario funziona generalmente così: si bandisce il concorso e si invitano i poeti a inviare un componimento (in rima o senza) anonimo (generalità in una bustina a parte nello stesso plico). Successivamente la giuria, i cui componenti conoscono ormai il codice linguistico (dialettale o alloglotto) e lo stile dei diversi poeti che abitualmente partecipano, stila una classifica. Infine, e questo soltanto durante la cerimonia finale, si tiene la lettura delle poesie premiate e menzionate.

La giuria, a differenza dello slam, non è popolare. E, sempre a differenza dello slam, giudica uno scritto, non la performance complessiva. Inoltre capita che alle cerimonie non partecipino i poeti menzionati (i quali non ricevono un premio in denaro, ammesso che ciò esista anche per chi sale sul podio) se residenti in una sede piuttosto distante da quella del concorso. Di conseguenza si può restringere ulteriormente lo spazio reading.

Accade inoltre di ritrovarsi una classifica “geopolitica” che parrebbe accontentare le cosiddette macrovarianti del sistema linguistico sardo (logudorese e campidanese16) e le isole alloglotte (tabarchino, catalano di Alghero, gallurese, sassarese) anche se in alcuni casi capita che in giuria non vi sia alcun esperto/conoscitore di una di queste lingue.

Spesso e volentieri la scrittura corretta di un testo (e cioè rinunciando all’utilizzo di vocali paragogiche e consonanti eufoniche, scrivendo consonanti mobili che cadono nel parlato) potrebbe trarre in inganno (nella sezione rima) il giurato che, a tal proposito, può considerare il verso smetricato.

Sezioni slam nei premi scritti o poetry slam in lingua sarda?

Un premio letterario in lingua sarda che, invece, dovesse assumere le caratteristiche del poetry slam, potrebbe portare una ventata di freschezza nel panorama dei premi.

In tale sede si confronterebbero sia i “senatori” dei concorsi, sia i giovani performer. Insieme potrebbero essere valutati non solo per quanto scritto ma anche in senso esecutivo. E insieme potrebbero essere valutati da una giuria popolare che si riappropria dell’arte poetica fino ad ora giudicata soltanto da una serie di “esperti”.

Più che la sub-sezione slam di un concorso poetico occorre quindi pensare a dei veri e propri poetry slam in lingua sarda. Di conseguenza, grazie a questo movimento, si riporterebbe l’oralità nella complessività dell’arte poetica sarda. E, al tempo stesso, si riproporrebbe la questione del premio da tempo derubricato nella poesia improvvisata.

***

In coda due frammenti della tenzone (scritta in sestine) tra Prantaferru e l’improvvisatore Barore Sassu. Entrambi i componimenti sono stati pubblicati nella rivista “S’Ischiglia” nel 1949 (e da quei numeri sono stati qui ricopiati rispettandone la grafia). Essi mostrano le rivalità tra l’ambiente della poesia meditata e quella estemporanea: secondo Prantaferru l’improvvisazione ha lasciato il posto alla recita; secondo Sassu i poeti di meditazione agiscono nella disperazione racchiusa nella quattro mura domestiche.

Poetas in gara (di Prantaferru)

Los hap’intesos pustis tantos annos
in d’una festa, in terra marghinesa
da’ su palcu improntadu a sa grandesa
chi toccat in onore a su Patronu,
m’isettaia calchi cosa ‘e bonu
da cussos battor astros sos pius mannos17

[…] Invanu su chircare epicos bolos
pro dare unu caratter a sa gara
Solu un’ottada a la jamare rara
non b’est bistad’in totta notte intera
oramai s’hant fattu «sa manera»
in su cantare, e non sunt issos solos18

Ma sighint tottugantos un’iscola
ch’est s’insoro infallibile sistema
et si giambat carattere a su tema
lu refudant in nettu et si nd’offendent,
a innovaziones non s’arrendent
ca sa via ‘e sighire est una sola19

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A Prantaferru (di Barore Sassu)

A Prantaferru li dolet un’ogiu
C’ha bidu sos poetas in su palcu
E nd’ha fattu un’ispessia e ricalcu
Cun sa foglina sua copiativa
Cun d’una aggressione retroattiva
Chi imitat su ranocchiu in su pogiu20

[…] Afrontare unu pubblicu in piazza
Cun ateros collegas a fiancu
No es che a sezzer in su bancu
O appoggiadu a unu taulinu
Chi b’ha tinteris e tazzas de inu
E gherran cun sa pinna e cun sa tazza21

[…] In piazza bi cheret resistenzia
Logica cun retorica e prontesa
Disinvoltura geniu e franchesa
Paradas e puntadas improvvisas
Mimica accentu e sillabas concisas
Campanilismu impettu e irruenzia22

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Infine l’audio integrale di una gara tenutasi a Siniscola (Nuoro) nell’ottobre del 2016 tra Zosepe Porcu e Brunu Agus

Ringraziamenti: Sergio Garau

RIPRODUZIONE RISERVATA – Novembre 2017

note

1In questo articolo l’analisi è circoscritta essenzialmente alla trazione orale degli improvvisatori in ottava rima. In Sardegna esistono diversi sistemi di improvvisazione (s’arrepentina, su mutetu longu, sos mutos), ma la gara “a otadas” è l’unica che si diffonde oltre la propria area linguistica, quella del sardo settentrionale comunemente chiamato come “logudorese”. A termine del pezzo una breve analisi dei contesti letterari di poesia scritta.

2Letteralmente “è salita sul palco”

3«…de s’otighentos su norantasese / pro initziativa mia rara / amus fatu sa prima bella gara / de Cabidanni su bindighi ‘e mese», scrisse Cubeddu in un suo celebre sonetto.

4«…se cantassi come Tasso e come Dante, certamente non vincerei il premio, perché ci sono beniamini raccomandati / premiati ancor prima di venire qui»

5L’ispirazione più o meno presente

6Otto versi endecasillabi con schema ABABABCC, ABABBACC, ABBABACC o ABBAABCC

7In sardo si utilizza sia poetes che poetas

8Nel nord Sardegna i cantadores sono gli interpreti di canto sardo con chitarra e, all’occasione, fisarmonica. Nel sud dell’isola invece i cantadoris sono i poeti improvvisatori.

9Tali poeti sono indicati in un componimento anonimo: Sigundu su criteriu ‘e sa giuria / creen in Cubeddu unu lùghidu astru / in Testoni potente poesia / s’elegantzia, su geniu in Pirastru / s’eloquentzia in Antonandria / in Contini s’artista e veru mastru / Farina pro satiras geniales / Moretti po profundos ideales.

10Grandi

11La definizione di Logudoro geografico è piuttosto arbitraria: secondo alcuni va a coincidere con il territorio del Monteacuto con baricentro Ozieri; secondo un’altra linea interpretativa, il Logudoro dovrebbe coincidere con il territorio dell’antico Giudicato di Torres. In questa sede è opportuno definire con tale nome quei territori dove coincide, più o meno, il dialetto locale con il codice linguistico letterario utilizzato nelle gare.

12Si veda l’opera del linguista Masimo Pittau, la Grammatica del sardo illustre

13Letteralmente: alla mamoiadina, ossia con lo stile (moda) di Mamoiada etc…

14Testuggine al posto del sardo tostòine. L’ottava prosegue con ruggine al posto di ruìngiu.

15Affinché il verso non sia smetricato

16In diversi concorsi si parla di poesia scritta nelle due varianti citate senza, perciò, nominare altri dialetti del sardo: ogliastrino (disomogeneo perfino al suo interno), baroniese, guilcerino etc.

17Li ho sentiti dopo tanti anni / in una festa in un paese del Marghine / dal palco improntato alla grandezza / in onore al Patrono / Mi aspettavo qualcosa di buono / da quei quattro astri, i più grandi (Prantaferru si riferisce a Remundu Piras, Pepe Sozu, Giuanninu Fadda e, appunto, Barore Sassu).

18Cercati invano voli epici / per dare un carattere alla gara / in tutta la notte / non c’è stata un ottava da ritenere rara / ormai hanno trovato il modo / di cantare, e non soltanto loro

19Ma seguono tutti quanti una scuola / che è il loro infallibile sistema / e se si cambia tema / lo rifiutano e si offendono / non si arrendono alle innovazioni / perché seguono soltanto un percorso

20A Prantaferru gli duole un occhio / perché ha visto i poeti sul palco / e ne ha fatto una specie di ricalco / con la sua foglina copiativa / con una aggressione retroattiva / che imita in ranocchio nella pozza

21Affrontare un pubblico in piazza / al fianco di altri colleghi / non è come stare seduti / appoggiati al tavolino / dove stanno il calamaio e il bicchiere del vino / a combattere con la penna e il bicchiere

22In piazza è richiesta resistenza / logica con retorica e riflessi pronti / disinvoltura genio e franchezza / sventate e affondi improvvisi / mimica accenti e sillabe concise / campanilismo (…) e irruenza

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