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Slam[Contem]Poetry

Casa dentro: poesie e musica per l’inaccessibile

Dimitri Ruggeri dialoga con il collettivo Mitilanti su Casa dentro, un progetto di poesia e musica.

Come nasce questo progetto collettivo di musica elettronica e poesia?

Come le cose migliori che abbiamo fatto, il progetto Casa dentro è nato in modo inaspettato. A ottobre del 2017 abbiamo organizzato, su idea e a casa di Filippo Lubrano, un’edizione spezzina del Concertino dal balconcino di Torino. Volevamo sostenere e solidarizzare con questa bella manifestazione che in quei giorni viveva momenti difficili.
Parteciparono poeti, attori, musicisti. Uno dei partecipanti era proprio Michele Mascis, che il giorno dopo ci disse che avrebbe voluto provare a far incontrare la sua musica e le nostre poesie. Ci siamo visti, abbiamo parlato, stabilito un tema (quello del viaggio), selezionato i testi e cominciato a lavorare con Michele alle tracce.
Parallelamente abbiamo impostato il ragionamento su come realizzare il libro e il cd dal punto di vista materiale e grafico. Nella nostra testa Casa dentro doveva essere un progetto dotato di una coerenza multisensoriale.
Pensiamo sia bello ascoltarlo, vederlo, toccarlo.
Ha anche un ottimo odore.
Non sappiamo come sia a mangiarlo, ma crediamo buono.

Raccontateci qualche aneddoto che vi ha particolarmente segnato in questo percorso

Più che un aneddoto legato alla lavorazione vorremmo raccontarne uno legato alla presentazione ufficiale del progetto. Volevamo farla a Spezia e volevamo farla in un luogo che fosse significativo. Dopo una lunga riflessione la scelta è caduta sul rifugio Quintino Sella, un ricovero antiaereo della seconda guerra mondiale, una galleria affacciata su via Prione, la via centrale della città, ormai chiuso da anni. Ci piaceva l’idea di presentare casa dentro in un luogo che fosse l’antitesi della casa, un posto che diventava “casa” quando suonavano le sirene e la propria abitazione non era più un posto sicuro.
Abbiamo cominciato a informarci sulle pratiche da sbrigare. Per farla breve riuscire a presentare Casa dentro nel rifugio è stata una fatica. Burocratica ed economica. Eppure non abbiamo mai pensato di rinunciare. Anzi, abbiamo tenuto aperto il rifugio per tutto il pomeriggio, ben oltre l’ora necessaria allo spettacolo, in modo che la gente di Spezia potesse riappropriarsi di un pezzo della sua storia, un luogo che le era precluso.
Alla fine abbiamo capito che uno dei motivi per cui non abbiamo desistito nonostante le difficoltà è che in concisamente sapevamo che il senso era anche dire che quello che stavamo facendo è esattamente quello che può fare la poesia: rendere accessibile l’inaccessibile.

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La vostra esperienza nell’organizzazione di open mic e poetry slam si può dire che è ritornata utile per maturare questo nuovo lavoro?

Non in maniera diretta, probabilmente. Ma la nostra attività come organizzatori di eventi poetici (ma anche quella che ognuno di noi ha maturato come partecipante a quelli organizzati da altri) ci ha permesso di entrare in contatto con persone che già avevano e hanno esperienza di spoken word, poesia con musica e pratiche affini. Da questa conoscenza, da questo confronto, sono nate molte delle idee che abbiamo cercato di portare nel progetto Casa dentro.

Come avete “legato” parole e musica?

All’inizio è stato Michele a proporci le melodie che secondo lui si sposavano meglio con ciascuna delle poesie. In alcuni casi (come in A volte vorrei di Fabiani) questo “matrimonio” è riuscito subito felice e abbiamo modificato pochissime cose, dettagli. In altri casi, partendo dalla proposta di Michele, ci siamo confrontati a lungo fino a trovare quello che, secondo tutti noi sei, era il miglior equilibrio possibile.

Ci parlate della poesia che a vostro avviso è più “rappresentativa” a livello collettivo?

Il punto centrale del lavoro è stato quello di trovare un’armonia, un equilibrio che lasciasse le nostre voci e le nostre scritture assolutamente libere di manifestarsi per come sono, con le loro diversità. Casa dentro è un’automobile con a bordo cinque compagni di viaggio: la somma delle loro cinque sensibilità, delle loro cinque storie e dei loro cinque modi di manifestarsi e raccontarsi fa il viaggio stesso.
Detto questo forse la traccia a cui siamo tutti più legati è Vuoto d’aria del Marchese Terzago. È la più estesa in termini temporali, la più “spessa” a livello di parole, quella alla cui messa in musica abbiamo lavorato di più, collettivamente. Non a caso è il pezzo centrale di Casa dentro e, forse, quella che rappresenta di più quello che volevamo fare.

Collettivi Slambanner3Ci parlate della videopoesia Casa dentro ? Come è stata realizzata? Parlateci anche dell’ambientazione.

Il Video è stato realizzato insieme a Nicolò Puppo, col quale avevamo già collaborato.
Il primo passo è stato scegliere la poesia, ma è stato facile. “Non c’è più degenza”, di Alfonso Pierro, con il suo susseguirsi di immagini e il suo senso di spaesamento, si prestava perfettamente al tipo di narrazione che avevano in mente Puppo e Terzago, che hanno firmato al regia del video.
La vera protagonista di questo lavoro è infatti la provincia spezzina (a ribadire il nostro legame col territorio), ma non quella da cartolina, non Porto Venere, Lerici o le Cinque Terre, non gli scorci più famosi e conosciuti da tutti; piuttosto un territorio intimo, in cui il protagonista è l’abbandono e la natura pioniera, capace di riconquistare gli spazi che l’uomo non frequenta più né mantiene.
I fiumi della Val di Vara, le strade che annegano nel buio della periferia, le aziende che hanno cessato ogni attività, i cantieri interrotti, i piazzali e i parcheggi circondati da cespugli e rovi, le fortezze ricoperte da rampicanti: luoghi che confinano e si mischiano al terzo paesaggio, ovvero il rifugio della diversità biologica che, giorno dopo giorno, rinnova il suo equilibrio, al di là dell’intervento umano che è del tutto assente.
Uno scenario perfetto per il testo di Alfonso Pierro, che è un susseguirsi di immagini che hanno la capacità di testimoniare, assieme alle note di Michele Mascis, lo spaesamento che l’esplorazione di queste aree fa sperimentare: un rinnovato fascino per la scoperta, un esercizio quasi archeologico.
Insomma, a noi sembra sia venuto abbastanza bene, ecco.

Quali sviluppi pensate possa avere questo progetto?

Questa è una domanda alla quale non sappiamo dare davvero una risposta. Casa dentro ha impegnato molte delle nostre energie. Ci abbiamo lavorato oltre un anno, con entusiasmo, con dedizione, con le ovvie iniziali difficoltà. Gli vogliamo molto bene e vorremmo cercare di farlo conoscere a più persone possibili. Anche grazie alla versione live che abbiamo realizzato, sempre insieme a Michele, e che stiamo proponendo a locali e festival in giro per l’Italia.

RIPRODUZIONE RISERVATA – Giugno 2019

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