i cannibali della parola

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Il primo Poetry Slam di Niccolò Venturini (Nikkè)

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Niccolò Venturini (Nikkè) ha curato come organizzatore e Mc il suo primo Poetry Slam. In questa intervista, nell’ambito dei Poetry Slam tutorial, a cura di Dimitri Ruggeri ci parla dell’esperienza che ha fatto e di come la sua professione abbia influenzato il suo percorso artistico (e viceversa). 

La passione ed il motivo che dovrebbero guidarci hanno a che fare con la diffusione e l’espansione del potere della parola, non con il riconoscimento e l’affermazione personale. (N.V.)

Come ti sei avvicinato alla poesia orale?

Un’amica del Django C.S.O. di Treviso mi parlò di Alberto Dubito, i Disturbati dalla Cuiete, Lello Voce e l’avvento del poetry slam in Italia… avevo da poco scritto ‘’La Storia’’, lo storytelling rap sul mio percorso con cui ho deciso di affrontare il mondo della poesia orale e performativa.
Lo scorso febbraio ero a Roma per via di un mini tour (sempre per colpa della musica), mi sono imbattuto in un poetry slam, organizzato da WOW Incendi Spontanei; cercando qualcosa da fare il giorno seguente, mi sono iscritto ed ho partecipato non conoscendo nemmeno le regole dei giochi. Ho sfiorato la vittoria ed ho conosciuto personaggi squisiti che mi hanno invitato come guest ad altri due eventi, nei giorni seguenti, compreso uno slam organizzato da Castelli Poetry Slam. Da qui è iniziata la frequentazione di questa rete anche altrove, specie a Padova, la città dove vivo dal 2013.

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Come mai hai deciso di organizzare un poetry slam sul tuo territorio?

Dopo le vicissitudini romane, ho avuto modo e piacere di conoscere Matteo Di Genova con il quale ho mantenuto un contatto anche per una potenziale progettualità che riguardasse la nostra regione, più che mai la provincia di Teramo in cui la realtà del poetry slam ha tardato a farsi conoscere.
Grazie a Matteo ed il movimento aquilano, nonché alla collaborazione con Mattia Franchi (aka Hade) e i ragazzi di Tossicia, siamo riusciti ad organizzare il primo poetry slam della provincia al Wide Open Coworking di Teramo, nel periodo delle scorse festività pasquali.
Il secondo, curato da Hade, si è svolto durante l’ultima edizione del Toxicity Rock Festival.
Mi sono sentito in dovere di organizzare uno slam più vicino alla costa, nella vallata dove sono cresciuto, dove ho conosciuto negli anni fantastiche persone, che scrivono cose altrettanto fantastiche, a cui si è riusciti a dare spazio, tempo e voce.

Qual è il rapporto tra poesia tradizionale e poesia orale sul tuo territorio?

Non credo di essere così informato o comunque di avere le competenze necessarie per poter parlare del rapporto tra poesie nel mio territorio.
Spesso la vera poesia è sola, chiusa in quattro mura e difficilmente ha un rapporto con l’oralità; forse è questo l’unico pensiero che mi viene da esprimere a riguardo… e spesso penso che c’entrino l’eterna lotta tra introversione ed estroversione, la paura di essere giudicati, i pregiudizi, i livelli percepiti di autostima ed auto-efficacia, eccetera eccetera.

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A tuo avviso quali sono punti di forza e di debolezza del poetry slam nel suo essere?

Credo nell’eterogeneità del poetry slam, un punto essenzialmente di forza ma che a volte può capovolgersi e dare l’impressione di una scarsa ‘’selettività’’ e ‘’serietà’’ all’interno del contesto.
Ho sentito spesso lamentele in riferimento al livello, alla qualità di un poetry slam, all’eccessiva varietà di generi ammissibili, fino ad arrivare alla messa in discussione del concetto di poesia stessa.
Credo poco in certe discussioni, chiacchiere del genere occupano e lasciano il tempo che trovano, apprezzo più il coraggio e la passione che spingono uno/a scrittore/trice ad uscire dalla propria stanza per mettersi in gioco aldilà del livello, degli studi o cultura che possiede… tutto ciò che porterebbe ad una competizione poco sana, a mio avviso.
Non a caso, uno dei punti di forza del poetry slam penso sia da rintracciare nella realizzazione di ambienti scarsamente competitivi, dove spesso i concorrenti in gara diventano fan dei loro avversari e viceversa. Ho trovato, quasi sempre, dimensioni quali: supporto reciproco, compartecipazione, empatia ed amicizie sincere che nascono ogni volta.

Quali sono i luoghi più adatti per organizzare un poetry slam?

Da tradizione mi verrebbe da pensare alle piazze, ai mercati, ai porti, agli spazi aperti fruibili da tutti, alla necessità di inseguire l’uomo comune, al bisogno di raggiungere il disinteresse dei più verso la poesia, a vantaggio di quest’ultima.
La maggior parte delle volte mi sono ritrovato in ‘’salottini’’ creati ad hoc per gli interessati e gli ‘’interessabili’’, modalità organizzativa comunque utile per rafforzare un ambiente, una rete, una passione, ma che potrebbe essere spinta più in là costeggiando il rischio di auto-ghettizzazione.
La poesia, come la musica e le altre arti, è di tutti e per tutti.

Quali consigli ti senti di dare a chi si accinge a organizzare un poetry slam?

Fallo per dar voce ad altre bocche, non solo la tua! – direi, e – Non giocare con i soldi! –
La passione ed il motivo che dovrebbero guidarci hanno a che fare con la diffusione e l’espansione del potere della parola, non con il riconoscimento e l’affermazione personale.
Non da meno, considerare un rimborso, quando possibile, per gli slammer che spesso partono da lontano per supportare questa realtà, non è uno scherzo.
Tengo a precisare questi aspetti perché c’è una bella differenza tra uno slam organizzato con associazioni culturali, centri sociali occupati, ed uno slam organizzato in accordo con attività commerciali… e chi organizza lo sa.
Gli slammer non dovrebbero pretenderlo, gli organizzatori con i commercianti dovrebbero avere buon senso però.
C’è di mezzo la passione comune, gli interessi personali dovrebbero essere lasciati a casa.

Qual è, se esiste, il miglior modo di “performare” una poesia?

Non credo in un modo migliore di altri di performare una poesia.
Ogni persona è unica, ha le proprie parole, ha la sua espressività del corpo, del volto, degli occhi… credo nella sincerità e nella genuinità delle forme di comunicazione, atteggiamenti palpabili che donano ad una performance maggiore credibilità. Questo è forse il modo di ‘’performare’’ che preferisco, poi non è detto che sia il migliore.

Conoscendo il rap quali similitudini hai notato con lo slam e quali differenze. Inoltre cosa intendi con il tuo rap e psicologia?

Sicuramente la capacità dello slam di portare allo scoperto rapper legati ancora al concetto delle parole non è una cosa da poco. Il poetry slam valorizza il rap delle origini, il Rhythm And Poetry appunto, in un epoca in cui è diventato uno dei generi musicali più ascoltati al mondo ed ha perso molto della poesia che ha costituito le fondamenta di questo stile.
Per i romantici del genere è frustrante vivere questo periodo storico ed il poetry slam fornisce una speranza, oltre a contesti alternativi dove l’ascolto della parola caratterizza inevitabilmente il pubblico, fattore non di poco conto considerando che non è più scontato trovarlo ai concerti.
Quanto alle differenze mi viene da pensare immediatamente alla mancanza del ritmo, di un beat, a cui spesso i rapper sono abituati. Anche l’autocelebrazione spudorata e fine a se stessa, ormai tipica dei testi rap dei giorni nostri, mi sembra che trovi poco spazio (per fortuna) negli slam.

Rap e psicologia riguardano il mio progetto musicale, NIKKÈ, nonché la mia vita privata e professionale da psicologo e musicoterapeuta.
Il mio concept album, intitolato ‘’Tutti i Me’’, è stato pubblicato ormai più di un anno fa. Ho studiato una tracklist che rispecchiasse un percorso emotivo, a tratti catartico: si passa dall’espressione della rabbia, alla tristezza, alla leggerezza fino alla demenzialità. Nonostante una forte identità proveniente dall’hip-hop e dal reggae, ho scelto diverse sonorità per diverse emozioni e diversi linguaggi.
Questa è la causa che sposa il mio progetto; è risaputo che il potere della scrittura è forte, coinvolge l’introspezione e contribuisce alla crescita personale ed all’autoanalisi. Motivi come questi mi spingono a scrivere canzoni introspettive e riflessive, quanto più generalizzabili e condivisibili come esperienze soggettive. Volutamente inserisco nei miei testi spunti di riflessione, citazioni di settore di facile comprensione ed accessibili anche a chi non familiarizza con la materia.
Spero che questo atteggiamento possa rivelarsi utile per spronare gli altri a conoscersi, ad ammettere ed accettare i propri limiti e difetti (ad accettarsi!), sfruttando un canale comunicativo fruibile da tutti che abbia però un fine sociale ed umano, che punti al benessere dei molti e non dei singoli.

RIPRODUZIONE RISERVATA – Settembre 2019

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