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Andrea Spinelli: la viandanza come poesia

Dimitri Ruggeri dialoga con Andrea Spinelli, autore del libro Il caminante. Camminatore, pellegrino e viandante (2020, Ediciclo). Si parla di cammini, borghi e poesia. Nel mese dello scorso settembre lo scrittore è stato premiato con il Premio Hombres itinerante, la longeva iniziativa dedicata ai territori e ai borghi che quest’anno, nonostante le restrizioni, ha cofermato un numeroso pubblico interessato anche alla sezione di videopoesia. L’autore legge in esclusiva per i cannibali un passo tratto dal suo libro.

INTERVISTA a cura di Dimitri Ruggeri.

D.R. Andrea sei siciliano di nascita e friulano di adozione, come vivi questa dicotomia?

A.S. Come due parti che non si ostacolano e non si escludono l’una con l’altra, anzi sono complementari, senza essere nato in Sicilia non sarei mai stato adottato poi dal Friuli Venezia Giulia, poli opposti che si attraggono, profondo sud e nord, amo l’essere meticcio perché sono vivo, in primis. La vivo bene, mi considero cittadino del mondo e con l’educazione che ho ricevuto dai miei genitori mi è stato facile, mi presento sempre con cordialità e possibilmente con il sorriso. Poco importa quindi da dove vieni e chi sei, se ti trovi bene dove cammini.

Premio Hombres Itinerante 2020

D.R. La tua vita in cammino fa venir in mente la Canzone di Capossela “Il Camminante” di cui ti riporto un passaggio “ […] distante come il cielo in Patagonia / m’avvio abbracciando i sogni che ho patito / distante come il cielo in Patagonia /m’allungo ai sogni che ho patito”. Qual è  la tua Patagonia? Quali sono i sogni che hai patito?

A.S. Trovo e sento la Patagonia anche se non ho mai avuto la fortuna di poggiarvi i piedi, in ogni luogo che a me piace immaginare nel silenzio, sia la Carnia nel Friuli Venezia Giulia, come in Portogallo lungo la costa Atlantica. Guai a non sognare, certo nel 2013 anche questi sono esplosi a causa del cancro che mi è stato diagnosticato, ma l’importante adesso è essere tornati ad avere voglia di sognare nonostante tutto. Non rimpiango nulla e rifarei anche gli stessi errori, in fondo è la mia vita e l’amo, non ho patito i sogni e forse neanche nulla della vita reale, sono fortunato. Il dolore è ben altro e ci si può convivere, come con la paura e la morte. L’importante è non essere incoscienti, vale anche per i sogni.

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D.R. Cosa ti hanno lasciato fino a ora il luoghi che hai visitato? Raccontacene uno di montagna, uno di pianura e uno di mare. Il bello e il brutto.

A.S. Come al solito vado controcorrente, i posti sono anche tanti ma per il mare porterò con me nel cuore Nazarè sulla costa portoghese, è famosa per essere la località con le onde del mare più alte, a me piace perché è stato il luogo dove ho percepito la maestosità e la potenza di un elemento come l’acqua, mi ha fatto capire quanto siamo piccoli di fronte alla natura e di come abbiamo capito molto poco. Camminare in pianura può essere monotono, ma come non amare la nebbia della laguna veneta e della pianura che porta il viandante fino a Padova, un po’ come la vita viene e va, ti nasconde e ti mostra dettagli, che puoi apprezzare od odiare, se però ci si riflette si capisce che si è vivi ed anche se non si vede il tutto che ci circonda, c’è ed esiste, ogni cosa è reale anche se non la si può vedere. La montagna del Friuli Venezia Giulia oltre alla Patagonia è il mio Nepal, amo la montagna e poterci ancora camminare, oltre ad essere immensa gioia, è un grande onore.

D.R. Il patrimonio dei Borghi italiani come può essere recuperato, difeso e preservato? Cosa faresti se fossi il “presidente mondiale del mondo universevole”?

A.S. Non mi piace essere presidente di nulla, ma se vivessi in un borgo che sta scomparendo, farei di tutto per preservarlo, non lo abbandonerei, molte volte si sente dire che il posto non offre nulla e si emigra verso le città caotiche dove la frenesia di avere tutto a portata di mano ci fa dimenticare che per vivere basta poco, l’essenziale. Quindi cercherei di convincere le persone a non andare via, almeno ci proverei, facendole ragionare sull’essenza delle cose. Poi ognuno libero delle proprie scelte, di certo io rimarrei e poi a piedi quasi tutto è raggiungibile, no? Utopia? Non penso, ma anziché sprecare denaro per rendere l’essere umano più veloce, spenderei dei denari per aumentare in lui la consapevolezza dell’amore verso la lentezza.

D.R. Si può dire che il tuo libro Se cammino vivo (Ediciclo) già nel titolo rappresenta il consiglio “Se cammini vivi”. Possiamo dire che noi siamo quel che camminiamo?

A.S. Certo, è un bel pensiero, noi siamo quel che camminiamo, mi piace. In effetti è così se lo facciamo perché dentro una tempesta siamo dei bravi cavalieri perché cerchiamo di non cadere, se lo facciamo per divertimento poco importa invece anche ruzzolare, sicuramente anche se appare come un dolce far niente camminare è esistenziale ed è vita, spesso lo scordiamo o facciamo fatica ad accettarlo, ce ne allontaniamo. Io sono contento di essere andato un po’ indietro, di aver riscoperto l’origine di questo movimento lento che è nel nostro dna, posso aggiungere se permetti che camminando anche si capisce verso dove stiamo andando ed in tutta onestà, non è che sia tutto rose e fiori…in Se cammino vivo racconto della malattia che accompagna i miei passi e poi nel secondo libro Il caminante affronto proprio le emozioni, cerco di spiegare da dove viene tanta serenità, consapevolezza, racconto dei luoghi del silenzio e degli incontri…evoluzione di “Se cammino vivo”, non sono morto e quindi devo raccontarti anche di altro.

D.R. Domanda fuori luogo (rido). Cosa pensi della poesia? Hai autori di riferimento?

A.S. Amo la poesia e mi rilassa leggere quella giapponese, con l’haiku trovo la giusta visione delle cose, perché sono versi che rispecchiano le stagioni e ciò che si scrive è quello che si vede in quel preciso istante, come in un fotografia. In generale, ma mai nulla è scontato e per questo mi piace leggere questi versi. Qualche esempio?

vento d’autunno / allo sguardo / tutto è haiku (Takahama Kyōshi)

i mesi e i giorni sono eterni viandanti, / e viaggiatori sono pure gli anni, / che vengono e vanno… (Basho)

D.R. Lasciaci con tre “non consigli”.

A.S. Il primo è quello di restare fermi, poi di perdere la solidarietà e per ultimo ma non meno importante come “non consiglio” è quello di andare lontano, molte volte la bellezza è quella che è già sotto i nostri piedi e non ce ne accorgiamo.

Bio.

Nato a Catania nel 1973, mi piace camminare e considero la viandanza come poesia dell’anima oltre che vera vita e non solo esistenza, mi abbandono ai passi oggi con una malattia come il cancro al pancreas che sicuramente è un “compagno scomodo”. Circondato dall’amore delle persone cerco di andare avanti, non importa se sarà un giorno, una settimana o un anno, è già un regalo anche questo istante che sto rispondendo alle tue domande, ecco chi è Andrea oggi. Un sognatore, un caminante. Tanto basta, il passato è passato e non serve agli altri. È il qui e ora che può regalare delle emozioni agli altri e dare un senso alla propria vita, quindi condividerlo è importante (www.andreaspinelli.it)

OTTOBRE 2020 – Riproduzione riservata

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