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Guido Tracanna: poetry slam come pacificazione

guido tracanna.jpgIntervista a  Guido Tracanna che ci racconta a distanza di un po’ di tempo la partecipazione al suo primo  poetry slam. Intervista a cura di Dimitri Ruggeri nell’ambito dei Poetry Slam tutorial.

A quale slam hai partecipato per la prima volta?

Io partecipai la prima volte a CaseMatte, a L’Aquila, due o tre anni fa, dove ebbi, tra l’altro, anche il piacere di fare la tua conoscenza. Più volte poi ho partecipato agli ormai “storici” Slam trastervini del Lunedì sera, per me facilmente raggiungibili, abitando io non lontano da quel quartiere. Ho assistito anche da mero spettatore, che è un ulteriore punto di vista, in uno slam estivo tenutosi nella raffinata Libreria Polar all’Aquila.

Come hai vissuto l’esperienza di partecipare al tuo primo poetry slam?

Un misto di concentrazione ed eccitazione; per motivi personali avevo completamente accantonato da un decennio tondo la mia attività poetica in pubblico; da giovanissimo (parliamo del 1998 circa) mi ero esibito spesso in reading vecchia maniera anche in caffè letterari romani al tempo di gran prestigio e, dunque, non interpretavo poesie davanti ad una platea da molto tempo; inoltre si trattava di una formula per me inedita, di cui mi avevano parlato con entusiasmo ma non sapevo esattamente in quale esperienza mi stavo addentrando. Il mio approccio istintivo, da poeta, è stato concentrarmi a rivedere e rileggere il testo “appartandomi” su una panchina con quella attesa eccitata che qualunque artista prova prima di una esibizione, molto contento di poter essere ascoltato, dopo molti anni, da un certo numero di persone, lì radunate perché appassionate di poesia.

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Che idea ti sei fatto del rapporto tra poesia tradizionale, forse vissuta come esperienza intima rispetto a questo approccio pensato per essere condiviso ad alta voce con un pubblico?

L’idea, nel mio caso, è che una distinzione fittizia. Io scrivo in una sorta di “trance”, flusso poetico come spiego ironicamente in un mio testo “Sento le voci” ma ciò non toglie che, successivamente, sottopongo il tutto ad un paziente, a volte estenuante labor lime: interessante è che l’ultimo essenziale stadio di questo lavoro, (che può a volte stravolgere o rivoluzionare il testo!) è la lettura ad ad alta voce, proprio come fossi ad un poetry slam! Lì emergono “intoppi”, cacofonie, anche un quadro d’insieme…se magari il testo è troppo astruso o concettuale e non efficace. Dunque, per arrivare al punto, io credo che la poesia non può non trovare un timbro di voce concreto, una gestualità che la accompagni, non può non scorrere nelle vene..ciò non toglie il diritto alla poesia d’essere creata, riletta, riapprezzata in silenzio e solitudine, sopratutto per quei testi, come i miei, tesi a spingere un discorso sulla ricerca del linguaggio che questa fase “silenziosa” richiede per essere colta nelle sue più recondite sfumature. La poesia è come la vita, anzi è vita e dunque esige tanto la comunicazione interpersonale, attiva che il momento
solitario. Chi contrappone questi due momenti poetici, criticando a priori lo slam, a mio avviso, alimenta una polemica della quale il nostro “mondo” non ha certo bisogno.

Perché a tuo avviso oggi la poesia orale non è così popolare e diffusa?

Che bella domanda!! Non voglio troppo filosofare e, dunque, tediare i lettori, cerco di semplificare: la cultura oggi per convenzione denominata “occidentale” è sin dalle sue origini (Aristotele ma anche prima, io credo) assettata in modo univoco, controllante e “categorizzante”, eccede in un razionalismo che tarpa gli aspetti emotivi e le manifestazioni fisiche, estromettendoli dalla cultura di serie A. L’intellettuale, il grande poeta devono essere “platonici” e rispondere a questo clichè, concedimi l’espressione, “sedentario”, il topos del topo da biblioteca 🙂 , altrimenti possono essere quasi scambiati per clown. Non a caso assistiamo al trionfo della cultura hip hop, d’origine “afro”, in questo Occidente così organizzato da risultare pedante e privo di stimoli vitalistici. La poesia orale è la manifestazione di una parte arcaica della civiltà umana che va riscoperta, riabilitata e non è solo questione di poesia.

Quale pensi sia il miglior posto per dar vita ad un poetry slam?

Difficile dirlo…l’esperienza, ad esempio, di portare lo slam in posti molto inconsueti come potrebbe essere un centro commerciale, ad esempio, ha luci ed ombre forse: da una lato ha la potenza e il merito di mostrarsi a molti che ignorerebbero la poesia vita natural durante, dall’altro s’espone ad un rischio di banalizzazione. Un soluzione sicura potrebbe essere ambientarla in giardini o luoghi di riserva naturale accessibili perché la poesia nella natura, va da sé, trova la sua scena originaria. Tuttavia, riprendendo il discorso della domanda precedente, auspicherei un poetry slam in qualche Museo o luogo della “cultura solenne” ufficiale come segno di pacificazione di quelle inutili contrapposizioni o polemiche di cui sopra, come è già d’altronde accaduto con i graffiti ora accolti, a torto o a ragione, nel Museo di Bologna.

A tuo avviso, quali sono i punti di forza e di debolezza del format?

Il punto critico può essere quello di mascherare con il peso della performance la debolezza di alcuni testi, scadendo qualche volte un poco troppo di livello: da questo “difetto” però, a detta di chi è ben dentro ambienti più “accademici”, non è esente neanche il mondo della “poesia ufficiale” e delle pubblicazioni prestigiose. Il punto di forza più ovvio ma non scontato è di vedere un gran numero di persone coinvolte ed entusiaste intorno a questa nostra meravigliosa arte così difficile da diffondere! Un secondo punto di forza, per esperienza personale, è il seguente: in ogni slam, pur non bissando i risultati vincenti ottenuti nei classici premi letterari, ho avuto sempre modo di essere conosciuto e contattato da singole persone presenti all’evento, magari più “esperte” di poesia, con le quali si è poi creato un rapporto significativo del quale, ad esempio, questa stimolante intervista è frutto! In questa potenziale “rete” risiede davvero il senso più autentico dello slam!

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Ci parli dei testi che hai proposto? Come li hai scelti?

Li ho scelti col gusto di sperimentare, capire quale tipo di testi potevano più cogliere l’attenzione del pubblico, peraltro cangiante da evento a evento, perché lo slam non ha un pubblico stereotipato. In particolare prima di far uscire il mio ultimo lavoro “Retrogames” non ti nascondo che ho “rodato” un paio di testi particolari: “Guido Randagio”, uno story-telling in versi, che fu anche all’origine della nostra gradita conoscenza, dal momento che tu me ne chiedesti una copia, come accennavo nella precedente domanda; poi provai “the Runner”, una poesia dedicata alla corsa come metafora della vita; infine una vecchia poesia d’amore anomala “La favola della fuga”, per provare anche un tema più classico.

LA FAVOLA DELLA FUGA

C’era una volta
una donna che fuggiva.

La donna fuggiva
perché aveva paura…
lei aveva timore e paura
e a volte diventava cattiva.

La donna
diventava cattiva
perché una volta
era stata ferita
toccata e ferita
una notte lontana…

…chissà cosa   l’aveva toccata
e allora  lei aveva paura
aveva paura
terrore e fuggiva
fuggiva e a volte
diveniva
cattiva.

La donna fuggiva
dall’Amore
che inseguiva…

Quali consigli ti senti di dare a chi si accinge a partecipare per la prima volta?

Divertirsi! Lasciarsi coinvolgere dall’eccitazione, dal brivido dell’attesa, nella quale ognuno di noi nasconde poi una piccola speranza di vittoria (che non è peccato nè avere nè ammettere) ma vivere alla fine lo slam come occasione di relazione artistica; praticamente consiglierei di scegliere testi non troppo lunghi o addirittura brevi per chi non ha molta esperienza di lettura in pubblico, meglio se si ha il tempo di memorizzarli.
Parteciperai ad altre gare?
Compatibilmente ai miei impegni di insegnante, vissuti in una città incalzante come la Capitale, e ai miei impegni poetici per “lanciare” il mio ultimo lavoro. La difficoltà è nel trovare l’occasione non nella voglia: a breve vorrei tornare in pista in uno slam
Quale consiglio dai agli organizzatori per migliorare?
Onestamente, come dicevo, ho partecipato ad alcuni slam, ma non sono abbastanza esperto da poter dare consigli agli organizzatori; piuttosto posso constatare che la riuscita dello slam dipende anche parecchio dalla bravura dell’MC e che, nel pratico, importante è organizzare per bene il meccanismo della giuria per dare ritmo e chiarezza all’evento.

RIPRODUZIONE RISERVATA – Novembre 2018

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