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Alessio Spetale: poetry slam, questione di tempo

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Intervista a  Alessio Spetale che ci racconta la partecipazione al suo primo  poetry slam. Intervista a cura di Dimitri Ruggeri nell’ambito dei Poetry Slam tutorial.

[…] si potrebbe ampliare la giuria rendendo partecipe tutto il pubblico facendo votare tramite i sondaggi di Instagram o Facebook in modo da avere un giudizio universale e catturare maggiormente l’attenzione degli spettatori […] (A.S.)

A quale Poetry Slam hai partecipato per la prima volta?

Il mio primo slam fu nel mese di febbraio 2018 all’Aut Aut 357 di Genova: fu una serata molto divertente, e fu lì che capii esattamente che cosa volevo fare da grande. Fu, allo stesso tempo, fallimentare, se guardiamo il risultato della gara… Arrivai ultimo.

Come hai vissuto l’esperienza di partecipare al tuo primo poetry slam?

Come dicevo, fu un’esperienza magnifica. Scoprii un modo diverso di fare poesia che mi aprì mille porte diverse di cui prima ignoravo completamente l’esistenza. Fu lì che rimasi folgorato. Conobbi molte persone con cui sono rimasto in contatto, e che sono spesso ospiti degli eventi poetici che col progetto Bibendum stiamo portando a Prato. Oltre a loro, anche grazie all’ambiente, al pubblico, insomma al contesto di quello slam, capii che quello era il mio mondo, e da allora è la sensazione che provo ogni volta che leggo una poesia in pubblico. Mi ha aperto completamente.

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Che idea ti sei fatto del rapporto tra poesia tradizionale, forse vissuta come esperienza intima rispetto a questo approccio pensato per essere condiviso ad alta voce con un pubblico?

Io penso che il rapporto sia strettissimo, quasi indissolubile. Se pensiamo alle poesie di Wislawa Szymborska, mia poetessa preferita in assoluto, non sono così lontane da quello che scrive uno slammer italiano oggi. Io stesso a tutti gli slam porto testi concepiti come poesie, non come testi per un poetry slam. Io credo che a marcare più o meno la differenza tra la poesia tradizionale e quella orale sia esclusivamente l’autore dei testi. Un anno fa circa andai ad un reading a Milano in cui Burbank lesse una poesia di Giorgio Baffo, poeta veneziano del 1700 conosciuto con il simpatico appellativo di poeta dell’osceno, suscitando grasse risate del pubblico ed un grande applauso finale: il fatto è che le poesie di Giorgio Baffo sono spesso molto più attuali di quelle di alcuni poeti contemporanei, per questo dico che a marcare la differenza tra poesia orale e tradizionale può essere soltanto l’autore.

Perché a tuo avviso oggi la poesia orale non è così popolare e diffusa?

Perché in Italia è arrivata – anzi, tornata – da poco, appunto grazie ai poetry slam, che negli Stati Uniti esistono già da trent’anni. È un’arte che si sta sviluppando parecchio, spesso suscitando un ottimo riscontro da parte del pubblico. Penso sia solo questione di tempo: ancora qualche anno e gli slam potrebbero arrivare a teatro senza problemi, così come i reading di singoli autori. Sono piuttosto fiducioso a riguardo, il potenziale è altissimo. Personalmente, insieme al progetto Bibendum di cui sono co-fondatore, ce la stiamo mettendo tutta per portare questa realtà a Prato e siamo ansiosi di avere i primi riscontri. A Torino c’è la realtà del Concertino dal Balconcino – attualmente sospeso perché gli organizzatori sono ingiustamente sotto processo per via del superamento del limite di decibel consentito per via degli applausi del pubblico – ma che fino a un paio di mesi fa ogni domenica aveva come ospite fisso Carlo Molinaro a leggere alcune delle sue poesie, oltre ad ospitare quasi settimanalmente altri poeti. A Genova la realtà del poetry slam è vivissima, a Torino quest’anno ho visto che stanno andando benissimo, a Firenze anche, il locale è sempre pieno zeppo.

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Quale pensi sia il miglior posto per dar vita ad un poetry slam?

Un poetry slam va bene ovunque, dal pub di città alla Pro Loco del paesino sperduto in mezzo ai boschi. La poesia orale è una forma d’arte antichissima, per quanto mi riguarda la si potrebbe fare anche per strada.

UNA ROMANTICA COLATA DI CEMENTO

Una romantica
colata di cemento,
un’autentica golata di cervello
mista a pioggia di sgomento
soffocato dal silenzio,
cassa di risonanza,
col vuoto
forma l’eco
e lo sgomento esplode.
Lo sgomento esplode
sì ma solo fino a quando
lo sgomento stesso
fa esploder qualcos’altro:
allora lui,
lo sgomento,
resta fermo,
immobile,
sgomento,
suscitando così
ulteriore sgomento.
Tanto sgomento
da morire
sepolto vivo e ubriaco
sotto una romantica
colata di cemento.

(Alessio Spetale)

A tuo avviso, quali sono i punti di forza e di debolezza del format?

Il punto di forza numero uno degli slam sono i poeti che si esibiscono: persone umane, lontane dall’immaginario degli artistoidi con cui spesso ho avuto a che fare prima di addentrarmi nel mondo della poesia orale. Io vengo da un ambiente completamente diverso che è quello hip hop, facevo musica rap e mi ritenevo anche bravo, ma è stato proprio l’ambiente, il clima durante le serate e i contest ad avermi fatto allontanare da quel mondo: c’era una competizione malsana, infantile e, a mio avviso, musica infantile e tutta uguale. Non dico che se il gioco si fa duro bisogna mollare, ma in quel determinato contesto mi sentivo un estraneo in mezzo a tanti ragazzi che cercavano di essere i rapper che ascoltavano, insomma non faceva per me. L’ambito degli slam mi ha subito affascinato per questo motivo.
Punti deboli del format non ne vedo, anzi, come dicevo poco fa, credo che i poetry slam abbiano un potenziale enorme.  C’è anche un grande potenziale televisivo secondo me: in fondo, è un talent vecchia maniera, dal vivo, in cui si vota con lavagnette o con le mani, in cui poeti e pubblico interagiscono costantemente… penso che è giusto che rimanga com’è. Il poetry slam è rimasta una delle poche cose che per vedere devi uscire di casa, entrare in un locale e rapportarti con persone che tendenzialmente non conosci. Oggi più che mai c’è bisogno degli slam, oltre che per lo spettacolo in sé, per questa loro peculiarità che ti costringe ad alzare il culo dal divano e a non pensare sempre alle stesse cose.

Ci parli dei testi che proponi in genere? Come li hai scelti?

Personalmente, cerco perlopiù di portare cose nuove, che io stesso leggerei e ascolterei con piacere in una situazione del genere. Finora, un pezzo che ho sempre portato è “Lo spermatozoo fortunato”, che, oltre ad essere il modo in cui mi descrivo in qualsiasi nota biografica per slam, concorsi letterari eccetera, è il modo in cui mi piace vedere le persone: alla base dei vincenti che, pochi attimi prima del concepimento della futura madre, hanno battuto tutti gli altri spermatozoi nella gara a chi avrebbe fecondato per primo l’utero, che nella poesia definisco “ozioso”. Oltre a descrivere il concepimento, “Lo spermatozoo fortunato” è tutto quello che un qualsivoglia diplomatico detesta: viene trattato il tema della masturbazione come di un assassinio degli spermatozoi che vengono espulsi al momento dell’eiaculazione, elemento chiaramente satirico circa il tema dell’aborto e contro gli obiettori: se non vuoi far abortire una donna che per n ragioni vuole/deve abortire, quando passa la specializzanda tutta boccoli e curve tieni le mani al loro posto ed anziché dedicarle un solitario quando la sera dopo il lavoro, stanco, spalmato sul divano, ti torna in mente il suo bel di dietro ti guardi un film o leggi un bel libro. Bisogna essere coerenti. Un altro elemento che potrebbe disturbare alcuni è la sessualità ed il modo in cui questa viene trattata: non voglio essere seducente, non voglio essere provocante, ma semplicemente descrivere l’atto per quello che è, quindi, in un certo senso, anche disgustoso. Mi sono sempre approcciato alle cose che scrivo in questo modo perché sono convinto che se si provoca, se si suscitano polemiche e indignazione, i testi incriminati verranno cercati, letti con più attenzione, analizzati. Il semplice fatto di trattare il tema del sesso per molti è disturbante, a prescindere dal modo, semplicemente se lo si fa in modo seducente si attira l’attenzione di migliaia di adolescenti in preda agli ormoni, se lo si fa in modo semplice, naturale, quotidiano si perde il sex appeal e l’attenzione del lettore/ascoltatore si focalizza sull’aspetto a tratti grottesco dell’atto; tuttavia penso che il nostro, e con nostro intendo degli italiani, sia un problema culturale che aleggia da decenni e che non sembra cambiare in meglio, anzi. Pertanto, se non si parla di sesso in casa, a scuola, al bar, allora lo faccio io a modo mio, e vediamo che cosa succede. Credo che potrebbe essere utile.

Quali consigli ti senti di dare a chi si accinge a partecipare per la prima volta?

Scelgo le poesie più provocatorie: amo la provocazione, trovo che sia il metodo comunicativo più efficace; mi diverte vedere le reazioni del pubblico quando leggo poesie come Lo spermatozoo fortunato o Recensione del Padre Nostro… ci sono volte in cui il pubblico mi fischia e volte in cui è addirittura partita la standig ovation. La provocazione rende più libero me per trattare determinati temi, ma soprattutto rende più libero il pubblico nel reagire come meglio crede: se provocate, normalmente le persone si sentono legittimate a reagire, ed è bellissimo. Trovo assurdo che nel 2019 ci siano ancora temi di cui non si può parlare o che se ne parli ti si guarda storto, e sono tantissimi: sesso, religione, droghe… ultimamente è diventato rischioso anche fare satira politica, infatti ho recentemente scritto un pezzo in cui tratto questo tema. Insomma, mi piace rischiare di prendere le botte.

Parteciperai ad altre gare?

Parteciperò sicuramente ad altri slam: per il momento l’unico in programma è l’Atti Impuri a Torino del 16 Febbraio. Ho iniziato da poco anche a bazzicare gli open mic, e mi piacerebbe riuscire a farne un po’. Inoltre, con il collettivo Bibendum, stiamo organizzando una serie di eventi poetici al Gradisca 1973 di Prato: reading, poetry slam e a breve vorremo anche cominciare con gli open mic. Ultimamente mi sto dedicando molto al lavoro con Bibendum, per cui sono meno attivo a livello di slam in giro per l’Italia, anche se ne ho fatti moltissimi fino a Dicembre.

*

Poeta e performer italiano, Alessio Spetale è lo spermatozoo fortunato nato a Torino in data 01.11.1996; più precisamente, Spetale è lo spermatozoo fortunato che vuole tornare un feto. Attualmente vive a Prato. Nonostante la giovane età, ha ricevuto numerose menzioni di merito e premi in diversi concorsi letterari nazionali ed internazionali; gli ultimi riconoscimenti in ordine cronologico sono menzioni di merito al concorso CET, con Mogol come presidente di giuria, e al Premio Letterario Internazionale Salvatore Quasimodo. Nel Maggio 2018 è stata pubblicata da Habanero/Erga la sua prima raccolta di poesie intitolata “Athazagorafobia”, raccolta che tratta il tema di una difficile storia d’amore a distanza che, anche per colpa di un contesto sociale sempre più frenetico e disumanizzato, porterà il protagonista ad una profonda crisi depressiva, descritta a fondo nel corso del libro. Nel Dicembre 2018 pubblica tramite il canale Amazon la raccolta Darwin non ha capito, uno sguardo cinico alla realtà che ci circonda, che raggiunge il decimo posto nella classifica delle novità poetiche più interessanti di Amazon.

RIPRODUZIONE RISERVATA – FEBBRAIO 2019

 

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