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Arianna Tomassini: il contatto del poetry slam

Arianna Tomassini_SlamContemPoetryIntervista a Arianna Tomassini che ci racconta come ha vissuto la sua prima esperienza ad un poetry slam  che tra l’altro ha vinto. Con l’occasione ci invia una poesia. Il progetto e l’ intervista sono a cura di Dimitri Ruggeri nell’ambito del Poetry Slam tutorial. 

Come hai vissuto l’esperienza di partecipare al tuo primo poetry slam?

Ammetto di averci rimuginato parecchio sul se partecipare o meno, e il fatto che io mi sia iscritta allo slam solo alle dieci della sera prima lo conferma. Avendo un’età inferiore rispetto agli altri mi sentivo un po’ fuori posto, ma non potevo sbagliarmi di più. E alla fine non mi sono pentita della scelta fatta. L’esperienza si è rilevata ben lontana da tutte le ansie che mi ero messa in testa e della competizione se ne sentiva si e no l’odore da lontano. L’ambiente era di pace, sostegno reciproco e ognuno era pronto ad esprimersi, ad ascoltare gli altri e a confrontarsi nella più tranquilla delle maniere.
Un’esperienza che consiglio a chiunque scriva e abbia la voglia di partecipare.Collettivi Slambanner3Che idea ti sei fatta del rapporto tra poesia tradizionale, forse vissuta come esperienza intima rispetto a questo approccio pensato per essere condiviso ad alta voce con un pubblico?

Non penso ci sia una netta differenza nel testo in se, non si scrive con l’intenzione di leggere a qualcuno o di tenere tutto in un diario dentro il comodino, o ancora di pubblicare in una raccolta quello che è stato buttato giù. Almeno non secondo il mio modo di fare. Il testo viene fuori, punto, che sia di getto o più elaborato.
Forse, ciò che varia poi, sta proprio nel rapporto che il poeta stesso va a sviluppare con la poesia. Durante gli slam ho sentito strofe parlare di aspetti molto personali, che magari in mano ad altri scrittori non avrebbero mai visto la luce davanti a un pubblico ascoltatore. Sta tutto in cosa vuoi farne tu della poesia una volta scritta, in quanto te la senti a condividerla in prima persona con esseri decisamente più vivi di un foglio e una penna, e più presenti dei lettori a casa.

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Perché a tuo avviso oggi la poesia orale non è così popolare e diffusa?

Credo che i motivi siano vari.
Il “contatto” con le parole, ad esempio, avviene in altre maniere da qualche decennio a questa parte, basti pensare ai testi delle canzoni. Mi viene da pensare che le persone si siano abituate a questo tipo di approccio più “leggero”. E’ sicuramente più facile ascoltare un testo quando il ritmo è scandito non solo dalle sillabe, ma anche da percussioni, bassi, etc. Le parole sembrano essere filtrate dagli strumenti, e solo chi è veramente interessato ne percepisce il vero significato. E stare lì, concentrati, a sentire le parole così come suonano senza la musica ad alleggerire il loro vero peso, può quasi spaventare a mio avviso.
Inoltre, è sufficiente girare una mezz’ora su un social qualsiasi per accorgersi di quanto possa passare per “poeta” chiunque si mette a spacciare aforismi sulla propria pagina, magari neanche scritti da lui/lei stesso/a. La poesia non è più vista come prima: è diventata un pugnetto di parole scritte con un font carino e spalmate su uno sfondo colorato.

Quale pensi sia il miglior posto per dar vita ad un poetry slam?

Qualsiasi posto che garantisca la “pace interiore” degli slammer è okay. Ci si deve poter esibire in tranquillità, senza troppo disturbo o pressioni esterne, per capirci. Fare il contrario, sarebbe un po’ come chiedere ad un attore di esibirsi senza fastidio nella piazza del mercato: ci vuole coraggio, pazienza e l’esecuzione rischia di risentirne notevolmente.
A esperienza fatta, devo ammettere che un luogo all’aperto e a contatto con la natura può risultare molto suggestivo. Se poi si è in buona compagnia, non può che andare bene.

A tuo avviso, quali sono i punti di forza e di debolezza del format?

La partecipazione di persone comuni, il coinvolgimento del pubblico per il giudizio, il fatto che tutto sia così “popolare” e umano. In un mondo come il nostro, dove tutto inizia a sembrare artificiale, un’atmosfera del genere è rara e da far conoscere a chi può apprezzarla. Poi c’è la poesia come filo conduttore dell’evento: ogni aspetto mi è sembrato “forte”. Tutto si basa su una passione più o meno comune, e per qualche decina di minuti si sta lì ad ascoltarsi, a conoscersi e a capirsi in una maniera diversa dal solito.
Non sono davvero riuscita ad individuare punti deboli, anche se mi piacerebbe che come format fosse più conosciuto. Ma questo verrà con il tempo.

Ci parli dei testi che hai proposto? Come li hai scelti?

Sono tre testi che trattano argomenti ben diversi l’uno dall’altro, ma questo è stato voluto dalla sottoscritta.
Partendo da una metafora di quello che è il blocco che spesso si impadronisce di noi davanti ad un foglio, nel primo testo, ho voluto provare a descrivere una sensazione che so essere comune a molti, e che troppe volte ci impedisce di esprimerci come vorremmo.
Il secondo testo, a detta di alcuni, è più forte: ci ho messo dentro tutte le ansie che a volte si presentano nella vita dei giovani (ma non solo) in un contesto così felice come può essere una festa, e più nello specifico davanti alle grandi quantità di cibo e al giudizio altrui. E’ una sensazione che bisogna aver provato per capire a fondo, ma di cui si può sentir raccontare senza sentirsi così estranei da non ricavarne nulla di emotivo.
Ho concluso con un’accusa, riprendendo un tema tristemente “mainstream” al giorno d’oggi, ovvero tutti i guai che abbiamo causato all’ambiente e di conseguenza a noi stessi.
Ogni testo ha il suo perché, il suo motivo per essere stato scritto, in ognuno di essi mi sono sfogata e ci ho lasciato un pezzo del mio pensiero. Non erano stati scritti con l’intenzione di leggerli a qualcuno, ma una volta presa la decisone di partecipare mi sono sembrati i più adatti tra gli altri.

Palchetto degli artisti

Sul palchetto del calvario,
il sarcasmo è il mio proscenio.
Sembra osceno, ma il sipario,
copre ciò che c’è di vero.
Quali orrori, miei signori,
son’ celati dietro un telo,
notti insonni, poi squallori,
eppur’ nulla c’è di serio.
Saltimbanchi, squattrinati,
hanno sete di fortuna:
cercan’ soldi per campare,
ma li chiedono alla luna.
Poeti smorti, spettinati,
vanno, cercano una musa,
specchi rotti da evitare
sulla strada per l’usura.
Sul palchetto degli artisti
muta legge la Padrona:
ha il mio aspetto, ma lei tace,
forse ha perso la parola.
Mentre gli altri ridon’ tristi
la tormenta la memoria
di quand’era ancora in pace
e ignorava la sua storia.
Or’ mi guarda, forse ha pianto,
fa uno sforzo per parlarmi,
sa che l’arte mi appartiene,
ma ho paura di mostrarmi.
“Come sei arrivata a tanto
se per batterti hai le armi?
Se le strofe hai nelle vene,
perché scrivi e non ne canti?”
Giù le tende, torna il vario
che s’unisce al buio pesto.
Nel teatro del calvario,
notte fonda si fa presto.
Or’ silenzio, miei signori,
il mio posto non è questo.
Lascio a voi i passati orrori,
lo spettacolo è dismesso.

(Arianna Tomassini)

Quali consigli ti senti di dare a chi si accinge a partecipare per la prima volta?

Non preoccuparsi di risultare fuori luogo: la poesia è personale e dev’essere sentita davvero da chi la scrive, non è qualcosa che si può studiare sui libri e buttare giù secondo uno schema già prefissato da altri. Non esistono regole ferme per esprimersi in versi, ne tantomeno esiste la poesia perfetta. Vi stupireste a scoprire in quante maniere diverse hanno scritto i poeti e in quante altre possiamo esprimerci noi!
Solo tre cose sono veramente necessarie per partecipare: dei testi vostri, darci dentro con la passione, e scandire bene le parole mentre si legge!

Parteciperai ad altre gare?

Essendo arrivata prima allo slam del primo settembre, sicuramente parteciperò alle finali regionali del prossimo anno, che si terranno verso fine Maggio all’Aquila. Ma non è da escludere che possa prendere parte ad altri slam, se se ne presenterà l’opportunità. La voglia di confrontarmi con altri slammer è restata e voglio soddisfarla.

Qualche consiglio per migliorare?

Posso considerarmi davvero una principiante sull’argomento, ma due consigli minuscoli mi sento di darli.
Avere sempre a disposizione qualcosa per prendere appunti su idee, pensieri e rime che possono palesarsi in testa in ogni momento: tutto conta e nulla è da buttare. Prendersi questo vizio può far si che due versi abbozzati sul pullman si vadano a trasformare in qualcosa di più grande poi, o che diverse idee avute in diversi momenti vadano ad unirsi inaspettatamente con il venire fuori una dopo l’altra.
Ma ancora più importante è liberarsi ,con il tempo, dei propri limiti. Chiunque ne ha, chiunque ne farebbe volentieri a meno, e ancora chiunque credo sia disposto ad affermare che spesso siamo i più grandi carcerari di noi stessi e della nostra creatività.
Abbiamo bisogno della poesia per andare avanti come lei ha bisogno di noi per poter nascere: per questo dobbiamo imparare a sentirci liberi di darle vita.

RIPRODUZIONE RISERVATA – Ottobre 2019

 

Un commento su “Arianna Tomassini: il contatto del poetry slam

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