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L’arte contemporanea nella poesia: The Call Center

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Davide Cortese

di Giulia Bertotto – The Call Center è una performance realizzata per la prima volta nel novembre del 2017, da un’idea di Francesca Fini in collaborazione con il poeta eoliano Davide Cortese.  Il Call Center poetico è tornato a Roma due anni dopo, al Macro Asilo.Appena si entra nella sala, l’occhio viene colpito da un gomitolo rosso, forse quel filo carminio è emblema della Poesia, connessione cromatica del groviglio di situazioni che si andranno a generare quando il poeta indirizzerà le sue liriche all’occulto destinatario, invece di proporre nuove tariffe.
Il dipendente del nostro ufficio si adopera a comporre cifre, gesto meccanico a cui segue un’attesa sempre eccitante.
Quando gli è permesso dall’interlocutore, legge una poesia, ricordiamo che è un’azione invadente ma non prepotente. Improvvisamente le parole tracciano un cerchio magico, delimitando un momento sacro nella realtà ordinaria (o ordinariamente sacra).
Un’attenzione contemplativa, un Risveglio di tutta la materia nella stanza afferra i partecipanti.

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Francesca Fini

Quello di Francesca Fini e Davide Cortese è un esperimento sociale ricco di indicazioni antropiche e non solo una performance artistica.
Un incontro psico-energetico di voci che entrano in risonanza per beffa delle Pagine Bianche.
La declamazione poetica, come un atto performativo del linguista Austin, che però qui non decreta una condanna legale o un matrimonio, ma improvvisamente eleva un’ Aura.
Aspettativa, imbarazzo, gli spettatori sono tutti nella stessa situazione, a telefonare a sconosciuti, i “fruitori” in sala non si conoscono ma costituiscono un “noi”, accomunati dall’esperienza di cui qualcun altro non è al corrente. La performance assume così la portata di un Rituale.

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Per quanto si peschi “a caso” dall’elenco l’interlocutore non è forse mai casuale, ed è qui che la nostra esibizione è anche una prova di fisica quantica e pensiero catalizzatore.
Un “effetto farfalla” attivato dalle odi di Cortese, farfalla col suo “millenario segreto”.
Anche le sconosciute “prede” dell’anonimo dedicatore, ora sono collegate da questa strampalata chiamata; la gola, strumento ormai obsoleto della “realtà aumentata” dal virtuale, si fa vibrante e pressante; «non ci conosciamo ma posso dedicarle una poesia? » Chiede genuino e provocatorio insieme. Provocare poesie.

Davide gioca con la paradossale antitesi tra spersonalizzazione moderna, rappresentata a pieno dai sottoposti dei contemporanei Call Center, i quali dissociano dall’emozione, e l’emozione assoluta della poesia: eppure, per la legge ontologica dei contrari, c’è sempre un punto in cui i due coni del paradosso si conciliano: l’operatore del call center è alienato, il poeta pure.

Pittoresche le risposte, qualcuno seccato, qualcuno stizzito, qualcuno addirittura sconvolto. Credo che il soggetto seccato non si sia davvero reso conto, di quale epifania sia una poesia!
Il soggetto sconvolto invece, magari anche furioso, lui si che si è reso conto di quale cerimonia straordinaria gli è stata proposta.
In pochi, è da notare, riagganciano senza neppure rivendicare il loro presunto controllo sugli eventi «come ha avuto il mio numero?».
Una signora si lascia andare, ci sono persone sempre in vena di commuoversi, come dice il “paesologo” Franco Arminio a proposito di quel sentimento straziante e totale del poeta, che “non mi consente di essere con voi, di stare al mondo”.

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Emerge come l’indicatore diffuso del nostro tempo sia il sospetto, misurato al termometro dei versi. Infatti in molti, come biasimarli, sospettano uno scherzo. Dunque, ecco un altro paradosso, nel fatto che prendano molto seriamente quello che secondo loro è uno scherzo.
Il sospetto è allora una difesa, una corazza di protezione. Il sospetto, radice evolutiva primitiva, movente contemporaneo insieme. La paura come sempre, il sentimento più atavico, che precede anzi il sentimento, così rettiliana la paura, è lei a rispondere al trillo casalingo.
Se ci si concentra un attimo, comprendiamo che non sappiamo o conosciamo niente del mondo. Sappiamo dei “come” ma non abbiamo in mano nessun “perché”, e la poesia è l’arresa estatica a questo smarrimento, nulla di nulla davvero sappiamo.
La Poesia è Sorpresa, Meraviglia, Essenza piena senza peso.
Quando la Poesia chiama, appare il Mistero assoluto dell’Esistenza.

3 novembre 2019
Museo Macro, Roma

pictures courtesy of Giorgio Sacher

RIPRODUZIONE RISERVATA – Novembre 2019

Un commento su “L’arte contemporanea nella poesia: The Call Center

  1. Pingback: “The Call Center”: spavento Vs curiosità nella poesia-telefonata della performance di Francesca Fini e Davide Cortese. Articolo di Lorenzo Spurio – Blog Letteratura e Cultura

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