i cannibali della parola

Slam[Contem]Poetry

La nuova rete poetica: Yawpisti

SlamContemPoetry_Collettivi_La carovana del progetto La nuova rete: i collettivi glocal della “poesia comunitaria”curato da Dimitri Ruggeri, continua e  ritorna in Toscana con il sedicesimo appuntamento. Ad essere intervistato è il collettivo Yawpisti di Pisa.

Yaᾧpisti

C’era una volta un’omèga con sottoscritto uno iota,
circonflesso l’accento, con sotto uno spirito aspro:
(corradicale di suus)

Quando dove e perché nasce il collettivo? 

Il nome del gruppo, Yawpisti, fonde lo yawp, in quanto urlo liberatorio, viscerale e autentico, insieme al suffisso -ista, come marca grammaticale tipica per indicare chi si costituisce in un movimento identitario. L’urlo liberatorio che testimonia la nostra presenza nel mondo affonda le radici nelle parole e nei versi di qualcun altro. L’ipostasi della nostra identità poetica, la nostra carta d’identità, non ce la siamo inventata, l’abbiamo presa dal poeta americano Walt Whitman. (“I sound my barbaric yawp over the rooftops of the world”) 

Il collettivo nasce a Pisa nella primavera del 2017. In quel periodo stavamo seguendo un corso di poesia contemporanea all’università alla fine del quale ci siamo chiesti: che cosa fanno i poeti “vivi”? Dove si trova oggi la poesia? Ma soprattutto, come si fa a diventare poeti? Abbiamo scoperto che la poesia non sta solo nei libri di scuola e nelle aule universitarie e che ha milioni di visualizzazioni su Youtube (Sabrina Benaim, Neil Hilborn due nomi su tutti). Abbiamo scoperto che il circolo dei poeti non è chiuso come sembra, che anche in Italia esiste una comunità amplissima e che ci sono tanti modi possibili e diversi di fare poesia, anche in luoghi in cui non avremmo mai pensato di trovarla. Con la poesia performativa e con il poetry slam abbiamo trovato una risposta concreta alle nostre domande. A quel punto ci siamo rivolti alla LIPS perché organizzasse un poetry slam in una città così giovane e piena di studenti come Pisa, ma non avevano nessuno del posto su cui contare. Sergio Garau ha suggerito direttamente a noi di provare a creare una scena. Oggi ci siamo allargati e del nostro gruppo fanno parte membri che condividono attivamente e in modo concreto il nostro progetto: le nostre bellissime notaie/groupie/social media manager Lucia e Rossella e il nostro super grafico FSB Design, oltre che un gruppo di fotografi e sostenitori vari ed eventuali!

Quanto è importante il rapporto/identificazione con il territorio? / Il rapporto con il Poetry Slam. Quando avete organizzato il primo? 

Avevamo capito che a Pisa mancava una realtà stabile che rendesse conto dell’esistenza della poesia performativa e che c’erano delle resistenze nei confronti della poesia non tradizionale. Per il primo poetry slam (giugno 2017) abbiamo voluto rischiare e ci siamo rivolti al Teatro Lux, ma quando il tecnico ci ha chiesto quante sedie posizionare ci aspettavamo un pubblico di amici, forse non più di quaranta persone. 

Invece di persone ne sono venute centocinquanta, molti si sono seduti a terra, molti altri sono rimasti fuori perché non c’era più posto nel teatro. Da allora, gli appuntamenti yawpisti sono diventati regolari e sono tra i più attesi della stagione culturale pisana. Ci siamo spostati in locali e in teatri diversi: il Cinema Lumière, il Leningrad Café, Argini e Margini e sono passati di qui gli slammer più interessanti della scena nazionale, anche come ospiti con i loro spettacoli. Tuttavia, Pisa non è il nostro terreno d’azione esclusivo, abbiamo organizzato slam e spettacoli nella nostra terra, in Basilicata e in Sicilia, a Torino al Salone del Libro, abbiamo recitato insieme a Milano. Abbiamo cercato e cerchiamo di diffondere la nostra idea di cultura poetica performativa anche al di fuori del territorio di base. Insomma, Pisa è solo un punto di partenza. Magari tra poco ci spostiamo anche all’estero!

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Con chi collaborate maggiormente (Associazioni, Enti etc.) ?

La nostra attività ci ha aperto molte collaborazioni. Come abbiamo già accennato, stabilmente organizziamo i nostri eventi a Pisa in diversi locali, ma con le nostre performance, da soli o insieme,  abbiamo partecipato a molti festival di arte e di poesia contemporanea: Festiwall per le finali nazionali LIPS (Eleonora come finalista, Marco come Mc), THE QUIPPS – acceleratori di poesia del Trieste Contemporanea, Bologna in Lettere, Poesia Festival, Federiciando, la mostra d’arte contemporanea Ritrovarsi, La Torre Storta Queer Festival. Diversi sono stati gli eventi che noi stessi abbiamo organizzato in collaborazione con il gruppo Anime Arabe al Salone del Libro di Torino, con il Pisa Book Festival, con Matera2019 al Palazzo Reale di Milano, con scuole e Comuni. Insieme con i Fumofonico di Firenze siamo una delle anime del coordinamento toscano della LIPS, per cui abbiamo ospitato quest’anno le finali regionali e le nazionali under 20. 

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Volevamo portare la poesia al di fuori dell’accademia e l’università ci ha chiamato a parlare di poetry slam! Eleonora ha relazionato alla seconda conferenza internazionale di studi queer organizzata dal CIRQUE (Centro Interuniversitario di Ricerca Queer), occupandosi della costruzione dell’identità performativa degli slammer. E dopo aver accompagnato nel suo spettacolo di poesia con musica il poeta russo Chemën Chanin nel 2018, recentemente il Centro di studi russi di Unipi ci ha chiamati a concludere un convegno sul poeta futurista Chlebnikov con una performance di alcune sue poesie. Ormai anche i prof si sono appassionati alla poesia orale!

Su quali settori si focalizza principalmente la vostra attività?

Per ora il nostro ambito di interesse principale è il poetry slam perché crediamo che sia un mezzo di diffusione potentissimo per la poesia e che le sue potenzialità siano ancora lontane dall’esaurirsi. È un modo efficace per creare una rete, una coscienza collettiva e cercare nuove voci (yawpiste magari!). Per noi però è importante portare avanti una nostra ricerca e una nostra poetica. Lo Yawpismo è indigestione: di autenticità e formalizzazione, di parole, di voci, di contenuti, di lingue, di stili. Tutto è continuamente compresente nelle nostre vite: viene da fonti, tempi, spazi spesso distantissimi tra loro.

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Sono così tanti che non abbiamo il tempo e il modo di metabolizzarli mai completamente, allora si stratificano su un piano rizomatico in un’osmosi costante: si intrecciano, si influenzano e si presentizzano nel mescolarsi. Lo yawp è un cortocircuito di lapsus in cui tutti questi elementi riaffiorano in maniera esplosiva. Le fonti che usiamo nelle poesie possono essere di ogni tipo e stanno tutte sullo stesso piano: non ha importanza che si tratti di Paperino o di Dante o di nostra madre, non c’è gerarchia. Diamo alle cose il loro corpo, le chiamiamo col loro nome, non usiamo eufemismi. Le fonti sono risemantizzate, a volte quasi dimenticate: sono estrapolate dal loro contesto per assumerne uno nuovo, abbandonano un valore per acquisirne un altro. Il nostro motto è: la dispositio è all’origine dell’inventio. La performance ci serve a svuotare la borsa delle parole e delle cose: è come buttare sul tavolo tutto quello che ci siamo portati dietro come essenziale, come mettere tutto sullo stesso piano davanti allo spettatore nella dimensione del gesto: la poesia diventa un atto pratico e presente. Spazi e tempi diversi si concretizzano nel momento della performance:

[Parte delle riflessioni qui proposte sono state estratte dal Manifesto Poetico degli Yawpisti del 27 novembre 2018]

PS: 

i due punti finali

non sono casuali:v

RIPRODUZIONE RISERVATA – DICEMBRE 2019

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