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Slam[Contem]Poetry

Eko Ile, la videopoesia della lingua che resiste (Deutsche Übersetzung)

Recensione di Alessandro Scanu – Una visione dall’alto plana sulla geometria delle strade trafficate e si abbassa sulla distesa dei tetti delle case fino a condurre lo spettatore tra file disordinate di taxi a tre ruote e uno sciame di pedoni. È così che il regista americano Sheldon Chau decide di introdurci tra le vie di Lagos, tumultuosa capitale della Nigeria, nella videopoesia Eko Ile, su testo della poetessa nigeriana Ntongha Ekot. L’opera ha vinto l’edizione 2020 del Premio Hombres Itinerante di videopoesia. Quest’anno il tema del premio era “La forma della città”, con un esplicito rimando all’opera e all’eredità intellettuale di Pier Paolo Pasolini, e al suo rapporto con la città di Roma.

Eko Ile è stata votata come miglior videopoesia, aggiudicandosi tuttavia anche la menzione come miglior testo poetico, in una rara ma meritata sintesi di parola e immagini in movimento. Il movimento dell’individuo nel trambusto estetico e sonoro della città di Lagos sembra essere proprio il tema principale della poesia, così come la complessa ricerca di un equilibrio, tanto formale quanto esistenziale, tra gli stimoli pressoché infiniti a cui la città sottopone la coscienza. Del resto già nell’antica Grecia la poesia era una forma d’arte misurata in piedi, intrinsecamente legata al ritmo e al movimento.

C’è qualcosa sia della Parigi di Baudelaire che della New York di Whitman nella Lagos di Ntongha Ekot. Tuttavia il suo entusiasmo per la brulicante vita urbana della città si trova a fare i conti con la lucida percezione di come quella stessa energia ti possa schiacciare in un batter d’occhio.

I’ve learnt to swallow my pride

Just to get to my destination on time.

(Ntongha Ekot – Eko Ile)

Allora una prima soluzione è quella di sollevarsi dal livello dove il caos della vita accade e rivolgere lo sguardo verso l’alto, come suggeriva Calvino nelle Città Invisibili. Questo contrasto tra i livelli è sottolineato bene dalle inquadrature di Sheldon Chau, che creano una frizione tra il livello della strada e gli ampi spazi che si aprono al di sopra dei tetti delle case e delle baraccopoli. È qui infatti che ci conduce la camera verso la fine del video, sopra i canali che portano via dalla città verso il mare. Tuttavia il punto di fuga è un inganno prospettico, si sa, necessario alle volte, ma chi ci crede fino in fondo resta un illuso. La fuga è una soluzione provvisoria, insomma, mentre Ntongha Ekot sembra essere alla ricerca di una forma di resistenza. Questa si manifesta anche attraverso l’uso del linguaggio Yoruba, che si alterna all’inglese nel testo, come a segnalare che le più alte (e dure) forme di resistenza e di libertà devono necessariamente ricavarsi il loro spazio all’interno di ciò che la storia ha fatto di noi, del nostro contesto, e non dentro sogni ipotetici di riscatto slegati dall’ambiente da cui proveniamo. Un concetto molto chiaro agli scrittori africani almeno a partire dall’essenziale contributo intellettuale che Frantz Fanon ha dato ai movimenti di decolonizzazione del continente.

This may not be how I planned my life

But,

I will live it to the fullest

(Ntongha Ekot – Eko Ile)

Il testo si apre dunque a un’ammissione di debolezza, una concessione a quella tentazione di fuggire via che tocca anche la coscienza dell’autrice. Tuttavia la debolezza si muta in un’affermazione di forza immediatamente dopo, proprio attraverso il titolo della poesia, Eko Ile, che in Yoruba significa Lagos è casa. Il senso di appartenenza diventa una sfida dunque, qualcosa da inventare quotidianamente e non da dare per scontato una volta per tutte, sulla base di motivi di nascita o lingua. Uno scarto concettuale che appare particolarmente attuale in tempi di nazionalismi di ritorno e politiche identitarie spinte fino all’incapacità di riconoscersi negli altri.


Deutsche Übersetzung:

Der Blick schwebt zunächst in Vogelperspektive über den stark befahrenen Straßen und senkt sich dann auf die Dächer der Häuser, um den Zuschauer sogleich durch ungeordnete Reihen von Rikschas und einen Strom von Menschen zu begleiten. Auf diese Weise entscheidet sich der amerikanische Regisseur Sheldon Chau, uns Lagos, die bewegte Hauptstadt Nigerias, vorzustellen. In der Videopoesie Eko Ile adaptiert er den Text der nigerianischen Dichterin Ntongha Ekot. Seine Verfilmung hat kürzlich den internationalen Preises für Videopoesie Hombres Itinerante des Jahres 2020 gewonnen. Das Thema des Wettbewerbs war dieses Jahr die Gestalt der Stadt, unter Bezugnahme auf das Werk und das intellektuelle Erbe von Pier Paolo Pasolini, wobei im Mittelpunkt sein Verhältnis zur Stadt Rom stand.

 Eko Ile wurde als beste Videodichtung sowie sogar als bester poetischer Text ausgewählt – eine seltsame aber verdiente Synthese von Wort und bewegtem Bild. Die Bewegung des Individuums im ästhetischen lärmenden Chaos der Stadt Lagos ist das Hauptthema der Dichtung, genauso wie die komplexe Suche nach einem textlichen und existenziellen Gleichgewicht zwischen den endlosen Stimuli, denen die Stadt das Bewusstsein konstant aussetzt. Tatsächlich war die Poesie schon im alten Griechenland eine Kunstform, die in Versfüßen gemessen wurde, unmittelbar verbunden mit dem Rhythmus und der Bewegung.

In Ntongha Ekots Lagos findet man ebenso sehr etwas von Baudelaires Paris wie vom New York Walt Whitmans. Allerdings muss ihr Enthusiasmus für das wimmelnde Stadtleben sich der unverfälschten Wahrnehmung aussetzen, dass dieselbe Energie jeden, der ihr ausgeliefert ist, im Handumdrehen erdrücken kann.

I’ve learnt to swallow my pride

Just to get to my destination on time.

(Ntongha Ekot – Eko Ile)

Die erste Lösung ist sodann, die Ebene zu verlassen, auf der das Chaos des Lebens stattfindet, um den Blick nach oben zu richten – wie schon Calvino in Die unsichtbaren Städte empfahl. Der Kontrast zwischen den beiden Ebenen wird von Sheldon Chau Aufnahmen unterstrichen, die eine Spannung zwischen den Straßen und den Räumen, die sich über die Hausdächer und die Slums hinaus erstrecken, schaffen. Hierher will die Kamera uns gegen Ende des Videos leiten, über die Kanäle hinweg, die aus der Stadt hinaus in Richtung Meer führen. Doch weiß man, dass der Fluchtpunkt nur eine perspektivische Täuschung ist, die manchmal notwendig sein kann, aber wer ihr ganz vertraut, bleibt im Wahn gefangen. Die Flucht ist nur eine Übergangslösung, während Ntongha Ekot jedoch auf der Suche nach einer Form des Widerstandes zu sein scheint.

Dieser Widerstand zeigt sich auch durch die die Verwendung der Yoruba-Sprache, die die Autorin im Text im Wechsel mit Englisch benutzt. Diese Verwendung im Wechsel zeigt an, dass die höchste und stärkste Form des Widerstandes und der Freiheit zwingend geprägt ist von dem Kontext, den die Geschichte uns gegeben hat, und nicht innerhalb von hypothetischen, unverbundenen Träumen von Befreiung aus dem Umfeld, dem wir entstammen, stattfinden kann.

Dieses Konzept ist den afrikanischen Schriftsteller*innen sehr klar geworden, spätestens nach dem entscheidenden intellektuellen Beitrag Frantz Fanons zu den Dekolonisierungsbewegungen des Kontinents.

This may not be how I planned my life

But,

I will live it to the fullest

(Ntongha Ekot – Eko Ile)

Der Text gesteht sodann eine Schwäche ein, erlaubt sich ein Zugeständnis an die Verlockung, weit weg zu flüchten, die auch das Bewusstsein der Dichterin berührt. Dennoch verwandelt sich diese Schwäche sofort in ein Zeichen von Stärke, dank des Titels des Gedichts, Iko Ele, der in Yoruba „Lagos ist Zuhause“ bedeutet. Das Zugehörigkeitsgefühl wird zu einer Herausforderung, zu etwas, das man täglich neu erfinden soll und nicht als selbstverständlich betrachten kann, nur auf Grundlage von Sprache oder Geburtsort. Hier erfolgt eine konzeptuelle Wende, die in den heutigen Zeiten besonders notwendig erscheint, da Nationalismus und identitäre Politik immer stärker werden und uns unfähig werden lassen, einander anzuerkennen.

Alessandro Scanu

Berlin, November 2020


Alessandro Scanu è nato a Pescara il giorno in cui è morto Walter Chiari. È tra i fondatori del collettivo Poetry Slam Abruzzo e collabora col sito di SlamContempoetry come articolista e recensore. Studente di letteratura americana e sociologia, è appassionato di poesia contemporanea e letteratura delle classi lavoratrici, di cui sente di fare orgogliosamente e dolorosamente parte. Vive e lavora a Berlino, dove si occupa di copywriting e traduzioni.

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